Gorobsov l'emigrante: "Ho il cuore argentino senza cabeza loca"
Il futuro del Toro parte da una disgrazia che si chiama retrocessione. Io qui voglio ripetere quel che ho fatto a Palermo: ripartiti dalla B, dopo 3 anni eravamo in Europa». Prima di scendere a Cesena, dove oggi festeggia in famiglia il 63° compleanno, Rino Foschi prova a dare una scossa all’ambiente granata, a rischio di depressione. Sa bene, l’esperto ds, quali sono state le pecche della squadra bocciata in serie A. Tanto per cominciare «è mancato il carattere». Perciò, ha subito cercato gente motivata, affamata. Come i tre nuovi arrivati. Loria vuole riscattare l’annata-no con la Roma. Belingheri vale la A ma da 7 stagioni gioca in B. Soprattutto Gorobsov, il più giovane di tutti, uno che a 19 anni parla con la maturità di un trentenne.
Foschi lavora per dare a Colantuono due squadre («Per ogni ruolo un titolare esperto e un giovane di prospettiva») e assicura di avere in canna altri due colpi “verdi” («Ma li farò senza fretta»). Intanto, la sua prima scommessa è l’argentino dal cognome russo che fino a 6 mesi fa conoscevano solo a Vicenza e dintorni. «Ma noi lo abbiamo seguito per un anno a 360°», rivela Foschi. Convinto di aver preso un talento dal futuro assicurato anche perché non ha solo tecnica e intelligenza: Nicolas ha dovuto crescere in fretta per saltare gli ostacoli della vita. Dice subito: «Sono diverso dall’idea comune di calciatore argentino. Non sono una "cabeza loca", io. Ho vissuto a S. Pedro, a Nord di Buenos Aires, fino a 14 anni, poi sono andato via con la famiglia. Si stava male, là».
Era l’Argentina della grande crisi. Non c’era lavoro e nemmeno la possibilità di inseguire un sogno: vivere di pallone. I Gorobsov sono venuti in Italia. Un ritorno per la mamma di Nicolas, una Torresin con radici e parenti a Cittadella. Un’altra terra nuova per papà Daniel, nato in Sud America da moldavi in fuga dopo la Seconda Guerra Mondiale. «I primi tempi sono stati duri, molto duri. Abbiamo fatto tanti sacrifici: se mi guardo indietro, quasi non credo a dove sono adesso». Dagli allievi dei Canarini Rosatesi alla prima squadra del Toro, in meno di 5 anni. Passando per il Vicenza. «Sedici presenze in B: quando Bernardini s’è fatto male, Gregucci mi ha dato fiducia. Regista davanti alla difesa. Con la disciplina che ho imparato qui».
Nicolas ha il doppio passaporto. Anche i suoi modelli hanno due nazionalità. «Gago e Cambiasso, fra gli argentini. Ma cerco di rubare i segreti di Pirlo, anche se sarei più contento di avere le caratteristiche di De Rossi, il più completo». Si accontenterebbero anche di meno, al Toro. Nicolas no. Ha sofferto, vuole sfruttare al massimo ogni occasione. «So di essere l’ultimo arrivato ma punto a giocare il più possibile e a richiamare l’attenzione dalla Nazionale italiana».
Per farlo, chiede al Toro un aiuto: «Per un ragazzo è importante avere al fianco un giocatore di esperienza che ti guidi e ti tolga un po’ di pressione: a Vicenza, se le cose andavamo male, le colpe erano di noi giovani». Foschi lo accontenterà. La chioccia designata si chiama Italiano. Uno che non vede l’ora di vestirsi di granata. Sono giorni che l’affare col Chievo sembra ormai fatto, con parole già date. Ieri, la frenata: i gialloblù valutano le condizioni di Saumel (la pedina di scambio), si guardano attorno. Il Toro aspetta, non per molto. Se non chiude lunedì, cambia pista. Gorobsov ha fretta di crescere ancora, con il suo nuovo tutor.