Daniele Fortunato: "La Coppa Italia col Toro nel cuore. E quella telefonata di Boniperti..."

Daniele Fortunato: "La Coppa Italia col Toro nel cuore. E quella telefonata di Boniperti..."TUTTOmercatoWEB.com
sabato 29 marzo 2025, 08:30Notizie
di Emanuele Pastorella
fonte Tuttomercatoweb

"Tornassi indietro, vorrei rivivere la Coppa Italia vinta col Torino. Fu anche l'ultimo trofeo dei granata, fu un evento importantissimo per me e per il club. Feci gol e due assist, me la sento più mia rispetto alle coppe vinte con la Juve". Così Daniele Fortunato, che si è raccontato ai microfoni di TMW Radio, durante Storie di Calcio.

Cresciuto calcisticamente nel Legnano, con cui in cinque stagioni ottenne una promozione in Serie C1, si trasferì nell'estate del 1985 al Lanerossi Vicenza, in Serie B, dove rimase per due stagioni. Poi il passaggio all'Atalanta, con la quale tornò in Serie A e raggiunse la semifinale di Coppa delle Coppe. Un exploit che gli permise di passare nel 1989 alla Juventus, con la quale conquistò il "double" Coppa Italia-Coppa UEFA. Due brutti infortuni però lo limitarono a tal punto che nel 1991 passò al Bari, per poi andare al Torino (dove vinse appunto la Coppa Italia 1992-1993), fino al ritorno all'Atalanta. Poi, smessi gli scarpini, una carriera prima da team manager all' Atalanta e osservatore al Torino, poi quella da allenatore, inizialmente come vice proprio di Mondonico al Cosenza e al Napoli, poi assumendo incarichi in altre società, comprese Albinoleffe e Vicenza.

Diverse le persone che hanno segnato la sua carriera, a partire da Emiliano Mondonico: "I migliori allenatori sono quelli che ti fanno giocare. Mondonico l'ho avuto 5 anni all'Atalanta e due al Torino, abbiamo passato tante situazioni, positive e negative, ma c'è stato con lui anche un percorso di amicizia. Era più facile essere un suo amico che come allenatore, perché era uno molto duro anche. Mi ricordo una partita col Verona, non dovevo giocare ma alla fine mi mise in campo. Non riuscivo a fare un cambio di gioco e a un certo punto passai palla a Bonacina, che perse la sfera e per poco Galderisi non fece gol. Me ne disse di tutti i colori, io risposi e lui mi cambiò, facendo entrare Prandelli".

Ma impossibile non ricordare anche la sua esperienza alla Juve: "Fu incredibile. Io sono arrivato che c'era Boniperti presidente, allenatore Zoff, persone eccezionali di una competenza ed educazione incredibile. Mi è rimasto dentro quell'ambiente. Un ambiente dove devi dare il 100% sempre, già dall'allenamento, ma anche come persona e tutto il resto. Altrimenti non dai il 100% anche in campo. Mi ricordo due telefonate di Boniperti e Montezemolo. Quando ero al Torino feci gol al derby sia all'andata che al ritorno e mi ricordo che una volta mi chiamò alle 7 il giorno dopo Boniperti. E mi disse che quando mi aveva preso era sicuro che non aveva sbagliato, e mi fece i complimenti. Fu bellissimo".

E sempre sull'avventura alla Juve ha raccontato anche il momento più difficile: "La Coppa Italia col Torino l'ho giocata e vinta, le due coppe con la Juve le sento meno mie perché giocai fino a gennaio, poi ci fu l'infortunio e questo mi fece perdere anche la chiamata in Nazionale per Italia '90. E dopo un mese di gesso, ripresi a giocare, ma mi fratturai ancora dopo 20' contro l'Udinese. L'anno dopo poi fu molto complicato. In panchina c'era Maifredi, eravamo molto più forti ma non riuscimmo a esprimere il nostro potenziale. Maifredi cercò di cambiare provando a mettere la squadra a zona, e fu difficile. Avevamo otto nazionali e serviva del tempo per mettere in pratica le sue idee. Eravamo curiosi sul cosa voleva dire giocare a zona, Maifredi voleva tempo ma alla Juve non esisteva questo. Servono subito i risultati".

Una carriera in cui forse poteva avere di più, ma Fortunato non ha rimpianti: "Non amo guardarmi indietro in realtà. Ho più piacere a raccontare tutti gli episodi vissuti più che ricordare i momenti negativi. Certo, forse se ci penso mi sarebbe piaciuto andare a giocare al Napoli. Mi ricordo che ero fermo da un mese e mezzo per infortunio e dovevo andare al Napoli di Maradona, e Salvi, ds del Vicenza, mi disse che andavamo a giocare a Benevento ma non ero in condizione. Mi disse però che dovevo scendere in campo, così mi avrebbero preso. Io giocai ma uscii dopo il primo tempo perché avevo male. Alla fine ne presero un altro al posto mio. Ci andai però anni dopo come secondo di Mondonico. Da calciatore però sfidai Maradona, con l'Atalanta appena tornati in Serie A. Non ci dormii una settimana, perché non sapevo se chiedergli o meno la maglia. Guardavo solo lui durante il riscaldamento, alla fine gliela chiesi lì e lui me la diede. Perdemmo con un gol nel finale con fallo di mano di Maradona, con tutti i compagni arrabbiati. Alla fine venne lì fuori a darmi la maglia e mi chiese la mia, che dovetti riprendere dalla cesta perché non mi aspettavo che volesse anche la mia".

Infine un ricordo legato a Kolo Muani, oggi alla Juve e che lui ebbe nella sua esperienza sulla panchina del Vicenza: "Iniziai ad allenare nella Primavera, ebbi 4-5 ragazzi in prova e capii dopo pochi minuti che uno come lui con noi non c'entrava nulla. Eravamo un livello un po' basso, non avevamo giocatori di qualità. Quando vidi lui, capii subito che era superiore. Fece un gol in rovesciata anche, peccato però perché non se ne fece nulla, ma non so cosa successe con la società. Alla fine andò via e fu un peccato vero".