Mentalità e motivazioni per un Torino che non ha più nulla da chiedere al campionato

Stare nella confort zone di metà classifica con la salvezza in tasca e a sei giornate dalla fine del campionato senza avere obiettivi se non quello dell’ultimo posto nella prima parte della classifica, come dire l’ultimo dei primi, è l’attuale condizione del Torino. Una condizione di certo che non stimola a dare il massimo, se non magari forse per qualche giocatore che vuole mettersi in mostra o per attirare l’attenzione dell’allenatore in prospettiva futura o, in caso di utilizzo, per qualcuno che è ai margini di usare lo spazio, che eventualmente il mister concede, come vetrina per trovare una nuova squadra. Oltretutto inconsciamente, oppure anche no, tutti i giocatori non vogliono correre il rischio di infortunarsi. Tutto questo rende più complicato affrontare le ultime partite, soprattutto se si disputano con squadre che di obiettivi ne hanno ancora, come ad esempio il Como nella scorsa partita che sta incamerando gli ultimi punti per l’aritmetica salvezza e infatti ha giocato con più determinazione e battuto i granata. E’ vero che c’è stato l’episodio finale del gol annullato a Ilic, per il doppio tocco di Biraghi nel calciare il precedente angolo, però è arrivato al 94’ facendo sfumare l’eventuale pareggio per cui resta il fatto che il Torino nel lasso di tempo dei 90 minuti non era comunque riuscito a segnare per cercare di evitare la sconfitta.
Lunedì all’ora di pranzo al Grande Torino ci sarà la gara con l’Udinese altra squadra che come il Torino non ha più nulla da chiedere al campionato, non per niente è appaiata ai granata al 10° posto. Che partita ci si può quindi aspettare? Difficile a dirsi. In teoria potrebbe uscirne una bella gara fra due squadre che giocano con la mente sgombra da pensieri. Ma potrebbe anche essere una specie di “amichevole”, una sorta di obbligo da espletare, non potendo farne a meno, pensando già alle vacanze, ai prossimi impegni con le Nazionali o al proprio futuro magari lontano dal Torino. Vanoli già dopo il pareggio col Verona, altra gara non soddisfacente della sua squadra, escludeva che i giocatori fossero scesi in campo con un approccio mentale sbagliato e preferiva parlare di attitudine e di esperienza: “Bisogna migliorare l’attitudine, perché a volte fai bene nel primo tempo altre fai male. E’ un'attitudine, esperienza, e come dico ai miei ragazzi, diventeremo forti quando sapremo fare switch on e switch off. Questa è la grande capacità che dobbiamo piano piano imparare per crescere. Questo switch on e switch off lo possono insegnare giocatori di esperienza come Maripán e Biraghi in modo che nel momento in cui si mette piede nel campo partiamo. Questo lo dobbiamo coltivare tutti i giorni, anche durante l'allenamento, però sono cose che una squadra come la nostra deve vedere, è un punto sul quale dobbiamo crescere”. E in precedenza, alla vigilia della gara con l’Empoli, lo stesso allenatore aveva parlato di motivazioni che i giocatori devono avere in questo periodo di fine campionato: “Possono riguardare la classifica e anche chi ha voglia di continuare a indossare questa maglia e chi ha voglia di dare qualcosa, come il suo allenatore. L'ho detto ai ragazzi, sono venuto qui per provare a fare qualcosa d’importante, non è detto che ci riesca, ma ci voglio provare. E voglio nei miei giocatori questa capacità e, secondo me, un obiettivo è cambiare mentalità. La mentalità è voler arrivare, voler costruire qualcosa che a volte, ripeto, te la dà la classifica altre volte il voler rimanere al Torino. Io voglio rimanere al Torino perché credo l'anno prossimo di poter costruire qualcosa. Quindi siamo tutti sotto esame, me compreso”.
Tutti i discorsi di Vanoli sono ineccepibili, ma che mentalità e motivazioni avrà il Torino contro l’Udinese? La risposta la darà il campo.
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