Il fact cheking di Tuttosport sulle parole di Cairo a Radio Deejay
Nello stile delle tv americane, che analizzano le parole dei candidati presidenti, Tuttosport prova a sottoporre a fact cheking, tradotto la verifica dei fatti, le parole del presidente del Torino Urbano Cairo dette nell’intervista che ha rilasciato ieri a Radio Deejay.
Sui 20 anni di presidenza - Vero, nel senso che è già il presidente più longevo e doppierebbe il capo dei 20 anni. Sulla «grande passione» non si può certo questionare in modo oggettivo, ma vale la pena ricordare che i tifosi granata gli rimproverano proprio la mancanza di quella «passione» da autentico tifoso, quindi l’amore per la storia e le tradizioni, dei cimeli e dei luoghi cari al Torino. A fronte di questa grande passione, infatti, i tifosi si chiedono, ad esempio, come mai abbia visitato il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata solo una volta nel 2010.
Sul voler ricucire con i tifosi che lo contestano - L’impresa che si pone Cairo è quelle ai limiti dell’impossibile. La contestazione di questi ultimi mesi è diversa da quelle del passato perché ha coinvolto un numero molto più ampio di tifosi e lo ha fatto in modo trasversale, raggruppando anche i meno oltranzisti e più moderati. Il problema del «rapporto con i tifosi» è infatti di lunga data e deriva dalle promesse non mantenute e dalle reiterate delusioni. L’attuale contestazione è stata stappata dal la cessione di Bellanova che, goccia che ha fatto traboccare il vaso, ha frustrato ancora una volta le ambizioni e le speranze dei tifosi.
Sui derby “rubati” dalla Juventus - Detto che il verbo “rubare” stona in una frase di un presidente di Serie A, resta un dubbio sulla sua affermazione: se il Toro è stato effettivamente “derubato” perché dirlo solo ora, dopo aver visto un video su YouTube e non allora? Potrebbe, infatti, sembrare una frase “antijuventina” gettata lì, con tempismo sospetto, per accaparrarsi le simpatie dei tifosi granata, molti dei quali la pensano così.
Sull’avere adesso una sede di buon livello - Borsano non ha mai venduto la sede. È stato effettivamente Calleri a chiudere la sede di Corso Vittorio Emanuele II, spostandola in piazza San Carlo. Cairo non ereditò alcuna sede, perché prima di lui, il presidente Cimminelli aveva stabilito la sede del Toro in una delle palazzine della sua azienda. Oggi la sede del Toro è un appartamento in centro che quasi nessuno, tra i media, ha mai visto all’interno.
Sulle strutture sportive - In realtà il Torino non è proprietario di nessuna delle strutture, se si fa eccezione per la concessione trentennale dei campi del Robaldo, il centro di allenamento del settore giovanile che deve nascere in estate. Per il resto, la squadra affitta lo stadio, il Filadelfia per allenare la Prima squadra, uno spazio piuttosto piccolo per un club di Serie A (con un solo campo regolamentare e spazi meno ampi rispetto a moltissimi club di A).
Sul Filadelfia rinato - Il Filadelfia è rinato nel 2017, ovvero 12 anni dopo l’insediamento di Cairo e solo grazie al decisivo contributo economico e operativo di Comune e Regione che misero 3,5 milioni a testa. Il Torino mise solo 1 milione, più altri 500mila euro dopo la vendita dei seggiolini della nuova tribuna. Cairo aveva promesso di investire la stessa cifra del Comune e della Regione, ma poi ha cambiato idea. Inoltre il Filadelfia non è stato ultimato, manca il terzo lotto dei lavori che, come da Statuto della Fondazione Filadelfia, prevede la nascita del Museo del Grande Torino affacciato su via Giordano Bruno.
Sul Robaldo - Detto che il Robaldo è decisamente più piccolo del centro delle giovanili dell’Atalanta a Zingonia o del Viola Park della Fiorentina, va ricordato che la concessione per il Robaldo risale all’8 marzo 2016 e, dunque, potrebbe diventare realtà soltanto 9 anni dopo.
Sul farsi trovare pronti per il mercato di gennaio - È quello che sperano i tifosi del Torino e, prima di tutti, Vanoli.