LIVE – La presentazione dell’allenatore del Torino Paolo Vanoli: “Sono orgoglioso di rappresentare questo glorioso club". Cairo: “Servono uno o due difensori e un quinto di sinistra”
Fra poco il nuovo allenatore del Torino Paolo Vanoli sarà presentato ufficialmente alla stampa. A Pinzolo, dove la squadra è in ritiro da sette giorni, per l’evento è arrivato anche il presidente Urbano Cairo accompagnato da Vagnati, Moretti e Barile.
Prende la parola Urbano Cairo: "Buongiorno a tutti. E' molto che non ci vediamo in conferenza, l'ultima fu quando presentammo Juric e parliamo di tre anni fa. Da allora ci sono stati incontri fugaci post partite, incontri molto veloci per parlare e per ragionare di tante cose importanti. Sono qui perché ci tengo molto a presentare il nuovo mister Paolo Vanoli.Voglio ringraziare il precedente allenatore Ivan Juric con il quale abbiamo fatto tre anni insieme importanti nel quale il Toro ha ripreso un certo tipo di cammino con lui. Tre stagioni dal 2021 al 2024 con due decimi posti e un nono, prima eravamo abituati a fare anche meglio per due volte siamo arrivati al settimo posto e andati in Europa , ma ora abbiamo ripreso un buon cammino dopo due anni difficili, gli anni della pandemia. Voglio ringraziare Juric per questi tre anni molto buoni con noi e siamo riusciti a far crescere tanti giovani talenti. E' stato certamente un mister sicuramente molto schietto e franco e ha detto quello che pensava. Ci tengo molto a fargli un in bocca al lupo per il suo futuro perché ho comunque un ricordo positivo di lui.
Ma adesso veniamo al nostro mister Paolo Vanoli, ci tengo veramente tanto a presentarvelo. Di lui mi ha parlato tanto Davide Vagnati che lo conosceva per aver visto partite del Venezia e aveva avuto modo di incontrarlo e conoscerlo anche precedentemente. E ha seguito il suo percorso dove ha fatto cose eccellenti dopo che era tornato dall’esperienza allo Spartak Mosca dove aveva vinto anche una coppa di Russia. Vanoli ha preso il Venezia in una situazione molto difficile perché la squadra era penultima in classifica e lo ha portato prima ai playoff e nella scorsa stagione alla promozione in Serie A. Vagnati lo conosceva, lo vedeva e lo studiava e me ne ha parlato molto bene finché ci siamo incontrati e in quell’occasione mi ha mi ha raccontato la sua storia che mi ha molto colpito: quando era arrivato al Venezia la situazione era davvero difficile in quanto era retrocesso l’anno prima ed era penultimo, ma il mister con una serie di interventi anche piuttosto decisi ha ribaltato la situazione e rimesso in carreggiata il Venezia fino alla promozione in Serie A. Non voglio entrare nei dettagli, ma il suo modo di entrare e gestire una situazione problematica mi ha colpito moltissimo. E poi è una persona molto determinata e ambiziosa e lo dimostra il fatto stesso che abbia rinunciato ad un incarico ben remunerato e con minori responsabilità come sarebbe stato se avesse seguito Conte al Tottenham, avendo lavorato con lui prima al Chelsea e poi all’Inter e prima ancora con Sacchi. Ha avuto maestri di qualità, da Sacchi a Ventura a Conte. Ma ad un certo punto ha voluto prendere la strada di fare il primo allenatore e ha avuto la possibilità di andare a Mosca e poi a Venezia dimostrando la sua voglia di mettersi in gioco e questa sua ambizione mi ha molto colpito. E' quindi un grande piacere introdurlo qui. Lo avete visto all’opera. Leggo tante cose di lui che allena con una carica incredibile. Di lui sapete già tante cose, ma ora però rispondiamo alle domande".
La parola passa a Paolo Vanoli: "Dobbiamo essere abbastanza sintetici perché dopo c’è l’allenamento, ma prima volevo ringraziare il presidente per le prole dette nei miei confronti adesso e soprattutto per l'opportunità che mi sta dando e anche il direttore perché penso che per un allenatore avere al proprio fianco un direttore sia una cosa importante per gli obiettivi perché c’è condivisione. E Moretti che mi ha portato via il posto a Firenze perché lui era giovane e io ormai ero vecchietto (ride, ndr). Quindi ringrazio queste persone ed è bello iniziare a questa avventura insieme. Passiamo alla domande che dopo c’è l’allenamento, ma il ringraziamento era doveroso e importante".
Qual è stato il suo primo impatto con il Toro?
"Il Toro e questo club rappresentano e hanno scritto la storia più importante del nostro mondo calcistico. Sono veramente orgoglioso di poterlo rappresentare, è una responsabilità veramente importante prima ancora di passare al lato dei giocatori. Essere qui è essere orgoglioso di rappresentare una storia veramente importante".
Sente la responsabilità di dover alzare l'asticella? Come cambierà il Toro con lei?
"Ringrazio Juric perché ho trovato una squadra con una cultura del lavoro importante. Ogni allenatore ha la sua filosofia e una su dignità e io voglio creare questo Toro, insieme al direttore e l presidente, seguendo la mia filosofia e il mio gioco e su questo ci devo lavorare tanto, ma questo non mi ha mai spaventato. E sono convinto di poterci arrivare. I giocatori che con il presidente e il direttore sportivo stiamo scegliendo sono in funzione al mio stile di gioco. Obiettivi? Partono da un’idea di gioco e un'identità: il mio primo obiettivo crearci degli obiettivi, è essere concreti negli obiettivi. Questa prima parte mi serve per conoscere il gruppo e far capire ai giocatori cosa voglio e sicuramente ciò che fremo sarà in funzione dell’obiettivo".
Qual è la differenza tecnica principale del passaggio da Juric a lei?
"Non sono abituato a confrontarmi con i colleghi. Ho trovato una cultura del lavoro molto importante e questa è una base importante di partenza. Ora però i giocatori devono capire cosa voglio, quali sono le mie idee e qual è la mia filosofia di calcio che può essere diversa, altrimenti noi allenatori saremmo delle copie l’uno dell’altro".
A Cairo, cosa l'ha colpita di Vanoli?
"Non lo conoscevo in prima battuta, avevo visto qualcosa del Venezia però molto sporadicamente. Vagnati che lo seguiva mi ha raccontato molto il suo calcio divertente e propositivo, con un’alta attenzione ovviamente alla fase difensiva. Il mister è nato difensore, con Conte si occupava in particolare della fase difensiva, ha quindi un’attenzione a questo aspetto del gioco della squadra. Vagnati mi ha proposto di incontrarlo, l'ho fatto volentieri e mi ha raccontato prima la sua carriera di calciatore e poi quella di allenatore e ho visto in lui grande voglia di fare e di affermarsi. Ha rinunciato a un certo punto anche a un incarico prestigioso e tranquillo, non sarebbe stato lui il principale responsabile. E' come quando da ragazzino facevo l'assistente di Berlusconi: c'erano responsabilità, però non sei tu in prima linea. E ho visto delle analogie con Vanoli perché lui a un certo punto ha voluto provare in prima persona prendendosi rischi ed essendo responsabile anche dei suoi collaboratori. E questo mi è molto piaciuto nel suo racconto. Ciò che abbiamo fatto dice molto di ciò che siamo e che potremmo fare, in lui ho visto che ha grande voglia di fare. Da primo allenatore è al quarto campionato, è in una fase di decollo. Ho visto in lui cose che mi sono piaciute".
A Vanoli, da allenatore matricola in Serie A come vivrà le pressioni?
"Noi dobbiamo cercare e vivere le pressioni se vogliamo migliorare. La pressione è una cosa positiva, non negativa. Alzare l'asticella vuol dire cercare con fame questa cosa qui, la pressione fa parte di una mentalità vincente. Ed è ciò che voglio dai miei giocatori, cercare la perfezione, il dettaglio e sempre qualcosa in più che porta ad arrivare a un obiettivo. E' un processo di step e grazie alla grande esperienza è questo che sono riuscito ad imparare".
Cos'è per lei il bel calcio?
"Il calcio è una grossa passione, a volte mi vergogno un po’ per ciò che faccio in campo poiché sono trascinato dalla passione. Ma voglio che il mio giocatore si appassioni a quello che succede, che capisca perché succedono le cose. Ho iniziato questo lavoro e mi ha appassionato di più essere allenatore che fare il calciatore: mi piacciono le sfide. In Russia mi sono trovato dopo un mese nel capitolo più brutto della storia che dura ancora oggi, ho passato mesi difficili di gestione. Hai una responsabilità dei ragazzi e della società dove il mondo è cambiato. questa esperienza mi ha aiutato tanto. Mi piace coinvolgere il giocatore, deve venire al campo e capire il perché: se riesco a farglielo capire, ho già vinto un passaggio. Questo è un passaggio difficile. Per me il calcio è passione. Una volta Sacchi mi disse: “Il calcio è un'orchestra dove tutti devono suonare la stessa sinfonia”. E ha ragione. Quando un’orchestra fa le prove tutti suonano come dice il maestro e si sente la sinfonia. E' quello che deve essere il calcio, in tutte le sue fasi: la sinfonia è saper difendere bene e saper attaccare altrettanto. Quella di Sacchi è una frase che mi ha aperto, un maestro deve mettere insieme tanti strumenti che non devono stonare: chi stona viene messo da parte e dentro viene messo un altro migliore per aumentare la qualità dell’orchestra".
Che tipo di calcio svilupperà al Torino, il 3-5-2?
"Quando conosci la tua orchestra, capisci le qualità che deve avere dopo di che tutto quello che condivido insieme al direttore è per migliorare quelle che sono le mie idee sul calcio. In queste tre settimane sto cercando di capire quali strumenti ho a disposizione per dare ai giocatori la mia idea di calcio. Il maestro deve anche capire quali sono le caratteristiche per rendere il giocatore più performante possibile e le caratteristiche di ogni giocatore devono essere messe al servizio della squadra".
A Cairo, Zapata capitano, le piace che sia lui? Può diventare l’icona del Torino?
"Sicuramente sì. E' un giocatore che conosciamo, ha qualità eccelse e ha fatto una carriera importante. L'anno scorso ha fatto una stagione di altissimo livello non solo per i gol, ma anche per la partecipazione al gioco e nei momenti in cui la squadra andava aiutata Zapata interveniva per togliere il pallone all’avversario. Ha una grande generosità che l’ho visto quando l’ho conosciuto e in ogni altra occasione. Ha un grande cuore e si dà per la squadra e per gli altri. Anche da un punto di vista fisico è una presenza che non si può non notare. Immagino il difensore che ha Zapata che gli vola addosso. Per tutte queste cose condivido questa scelta, se sarà questa".
Vanoli interviene e dice: "Vi do uno scoop: Zapata sarà il mio capitano, non l’ho detto ancora al presidente".
Prosegue Cairo: "me ne ha parlato Vagnati quando c’era da valutare e gli ho detto che secondo me era il candidato giusto. E' importante che ci sia una grande condivisione e sintonia, va benissimo Zapata".
A Vanoli, anche i tifosi nei sondaggi erano di quest’idea, ma cosa l'ha spinta a scegliere Zapata?
"Sono contento che i tifosi appoggino la scelta, ma non posso ascoltare i sondaggi. L’ho scelto perché è un ragazzo che rappresenta i valori di questo club, ha l’esperienza giusta ed è' arrivato il momento per lui di responsabilizzarsi. Penso che abbia tutte le qualità per rappresentare al meglio sia il club sia i suoi compagni. Con questo non dimentichiamoci che all'interno di uno spogliatoio ci possono essere anche altri leader, tecnici, di personalità, ma, secondo me, Duvan si è meritato la fascia".
Come sta Schuurs? Le sue condizioni la preoccupano?
"Gli ho detto di andare un po' in vacanza, è un ragazzo giovane e con quello che sta passando è giusto che lui riesca a staccare e a stare vicino alla sua famiglia. Quando rientrerà, insieme allo staff medico affronteremo il suo percorso di guarigione. La società, il direttore e il presidente, ne è al corrente, sono convinto che se avremo l'occasione di intervenire, interverremo sul mercato".
Quali corde sta toccando per anche aumentare la mentalità affinché si arrivi agli obiettivi e non li si sfiorino soltanto?
"Quando entro in un club cerco di capire cosa rappresenti e quando mi approccio alla squadra cerco di avvicinarmi molto ai valori del Toro: voglio che i miei giocatori prima di tutto rispecchino in campo i valori del club. Si può sbagliare un passaggio e in questo si può migliorare, ma nell'atteggiamento dobbiamo diventare migliori. Quando si dice mentalità è troppo facile dire che domani dobbiamo vincere, ma il problema è come si fa a vincere? E' attraverso il lavoro quotidiano, il sacrificio, una mentalità che non si compra al mercato, ma avviene attraverso un processo di organizzazione, di lavoro e di sacrificio".
A Cairo, come pensa di soddisfare i desideri dei tifosi? Vanoli è l’uomo giusto per questo?
"Se parliamo di ambizioni, per quanto mi riguarda, ho dimostrato di averne molte facendo anche cose inaspettate e a volte impreviste e impossibili. L'ambizione è il motore della mia vita. Nel mondo calcio devi anche fare i conti con le risorse: non è un caso che da quando ci sono i diritti tv, dal 1993, in Italia hanno vinto quasi sempre le stesse squadre a parte l'eccezione della Roma quando c’er il Giubileo e della Lazio nello stesso periodo e poi del Napoli. In 31 anni, a parte queste tre, hanno vinto sempre le stesse tre che sono Inter, Milan e Juve. Questo qualcosa dice. Dal 2012, dal ritorno in A, in questi 12 campionati abbiamo avuto il primo in cui ci salvammo abbastanza tranquillamente, poi l’anno dopo non era minimamente un'aspettativa arrivare settimi e non fu immeditamente Europa, ma lo divenne con il Parma che non aveva bilanci in regola. E l'anno successivo arrivammo noni con buon percorso in Europa League. Poi fino al 2018/2019 quando arrivammo settimi e andammo ai preliminari e incontrammo il Wolverhampton che era una squadra top delle Premier. Dal 2012 siamo andati costantemente in ascesa, poi abbiamo fatto qualche investimento eccessivo che non ci ha dato risultati ed è arrivata la pandemia, che è stata un disastro per tutti i bilanci con gli stadi chiusi e sponsor che riducevamo investimenti o addirittura se ne andavano. E il trading si è ridotto del 40-50%. E nel momento in cui arrivavamo da un percorso molto buono ed eravamo pronti al passo successivo è arrivata la pandemia e gli investimenti esagerati, 25 milioni per Verdi e 15 l’anno prima per Zaza, senza dare alcuna colpa a loro che hanno fatto tutto quello che potevano e noi che volevamo fare qualcosa in più, abbiamo fatto una cosa che ci ha penalizzato e immeditamente dopo c’è stata la pandemia e quindi alla fine abbiamo sommato due situazioni negative che hanno ridotto molti i ricavi e questo lo abbiamo dovuto digerire e recuperare anche economicamente. Abbiamo fatto meno di ciò che avremmo voluto proprio perché c’era una situazione economica molto deficitaria. Oggi non siamo a posto, abbiamo purtroppo fatto sei bilanci in perdita e sono cose che pesano, ma non è una colpa che io non abbia 50 milioni da mettere tutti gli anni nel Torino: non è una cosa che qualcuno mi possa addebitare, nel calcio, come in tutte le aziende, bisogna trovare un percorso sostenibile. E per noi è un vivaio che dà giocatori per la prima squadra, lo scouting in giro per il mondo o l’Europa che dà giocatori con operazioni per trovare talenti che riesci a prendere a cifre abbordabili che poi diventano calciatori importanti. L'aspettativa è più alta ed è giusto per definizione che il tifoso abbia un’aspettativa più alta di quello che gli viene dato e lo vediamo in tutte le piazze. Negli ultimi 12 anni siamo stati otto volte nella parte sinistra, che magari non conta nulla però qualche cosa vuole dire, e comunque negli ultimi due anni abbiamo sempre lottato per un posto in Europa perdendo l’opportunità addirittura anche a campionato finito, se la Fiorentina vinceva saremmo stati in Conference. Non sarebbe stato un regalo perché per come era organizzato il campionato avremmo avuto il diritto di andarci. Nella stagione precedente all'ultima partita contro l'Inter se avessimo vinto saremmo andati in Conference. Non è stato un percorso così negativo, ma tutto è migliorabile e bisogna e si può fare certamante meglio. Ma per quanto mi riguarda, l'errore che ho fatto nel 2018/2019 è stato fare qualcosa in più che i nostri bilanci non potevano permettercelo perché investire 25 milioni o 15 in un giocatore era sinceramente troppo per quelli che erano i nostri bilnci".
A Vanoli, cosa l'ha spinta ad accettare il Torino? E come mai ha scelto di andare a Superga?
"Sono un ex giocatore e quando ho iniziato a fare questo lavoro tutti parlavano del Grande Torino e di un posto magico. Come ho sempre detto, quando vado a lavorare in un club voglio capire la storia e quindi la prima cosa che ho chiesto al direttore e alla società era di andare insieme al mio staff a capire davvero cosa voleva dire Superga. E devo dire che quando sono arrivato mi ha trasferito una sensazione incredibile, con la fortuna che l'addetto stampa (Venera, ndr) mi ha raccontato per filo e per segno tanti aneddoti. Questo mi dà la carica e l’ispirazione di ciò che oggi ho la fortuna di rappresentare. Questo per me è importante. La scelta del Torino è tanto per la storia e anche la capacità del presidente e del direttore di farmi sentire importante e questo mi spinge a fare qualche cosa di più per il mio calcio e la mia filosofia. Quando parli di Toro è qualcosa di magico: non bisogna mai dimenticare la storia".
In questi giorni l'abbiamo vista spiegare ripetutamente ai giocatori anche i fondamentali e tante volte ha chiesto qualità, come giudica il gruppo e cosa manca alla squadra per entrare completamente nella sua mentalità di gioco?
"E' un processo. In questo processo devo avere pazienza, abbiamo iniziato da 15 giorni, e poi il calcio è qualitativo: non è solo col pallone, ma anche sapere in quel preciso momento cosa farne e pensare alla scelta giusta. Ed è per questo che in campo sto insistendo tanto su questa mia idea, la filosofia passa attraverso le continue ripetizioni. L'altro giorno qualche tifoso si è un po’ amareggiato perché avevo detto che l’allenamento sarebbe iniziato alle 17,30 e poi invece è cominciato con un'ora di ritardo, ma in quell'ora ho fatto rivedere i video: è una cosa che mi può aiutare quando il giocatore dice mister questo l’ho fatto e allora vediamo il video per sapere se è stato fatto, su questo sono proprio maniacale. Sia in relazione al singolo sia nel collettivo e sia nel reparto la tecnologia è molto importante ed è giusto sfruttarla. Chiedo scusa ai tifosi se ogni tanto li faccio aspettare mezzora o addirittura un’ora, ma questo processo è importante".
A Cairo, sono arrivati Coco, Paleari e Adams, ma cosa può regalare ancora a Vanoli per aiutarlo in questo nuovo percorso?
"Abbiamo ragionato insieme con il mister e con Vagnati e ci serve ancora uno o due difensori al centro della difesa e poi un esterno, un quinto di sinistra che è importante aggiungere a questa rosa. A centrocampo abbiamo tanta qualità e il reparto è ricco di elementi quindi non credo che si debbano fare interventi a meno che non ci siano uscite. E per l’attacco è arrivato Adams, un giocatore importante che ha fatto cose eccellenti in Premier: segnare lì non è banale. Scamacca in Italia ha fatto cose buone l’anno scorso dodici gol, ma ricordo che al West Ham credo, se non ricordo male, che ne abbia fatti tre, Adams ne ha fatti molti di più: nove e l’anno scorso ha fatto un campionato eccellente in Championship, 17 gol, ed è un giocatore che ha delle qualità tecniche e anche fisiche veramente molto importanti da giocatore di Premier League, diciamo di calcio inglese".
A Vanoli, come gestirà le aperture del Filadelfia?
"Ringrazio i tifosi, mi hanno accolto in una maniera inaspettata e questo mi ha dato una carica ulteriore nella mia ambizione. E mi hanno convinto ancora di più che questa sia stata la scelta giusta per me. Il Filadelfia è la storia, il poter allenarci lì ha un significato importante e in futuro spero di poter regalare ai tifosi qualche giornata in più, poi bisogna capire tempi e modalità. Ritengo che questa sia un'occasione per unire e diventare più forti: non posso prometterlo con continuità, ma farò il possibile perché anche i ragazzi devono capire che i loro tifosi rappresentano una spinta in più".
Quando chiede giocatori, indica profili o nomi?
"Ho trovato una società organizzata che aveva già degli obiettivi e che mi ha chiesto quale fosse la mia filosofia e con Vagnati ho un bel rapporto e ci confrontiamo non dico ogni cinque minuti, ma ci manca poco. Su tutte le questioni mi ha sempre appoggiato. A lui chiedo caratteristiche tecniche e fisiche di ciò che cerco, poi lui ha dei profili e insieme facciamo la scelta. Non ho la presunzione di dire nomi, poi se escono nomi che conosco è ancora meglio perché ne conosco il carattere, le qualità e come lavora. Ed è uno degli aspetti più importanti se si vuole arrivare. A volte puoi conoscere le caratteristiche, ma devi sapere che professionalità ha per arrivare a un certo livello. C'è condivisione su tutto".
Quanto conta la gavetta nei vari ruoli che ha ricoperto in carriera? Quale ruolo ha avuto Zoratto nella sua carriera?
"Hai citato Zoratto che mi ha regalato tanto: Daniele è stato una persona importante al mio fianco all'inizio del processo di cambiamento da giocatore ad allenatore. Tuttora faccio fatica e mi diceva sempre di contare fino a cinquanta e non a dieci e questo mi ha aiutato tanto. E’ un ragazzo intelligente e una persona eccezionale che mi ha fatto capire nella gavetta bisogna avere un po’ di pazienza e che prima o poi la mia ambizione mi avrebbe portato dove sono oggi. Questa mia pazienza e questo mio percorso sono cose di cui sono veramente orgoglioso. Sono tanto orgoglioso della mia gavetta. A 52 anni sono arrivato qua e questa possibilità al Toro me la sono meritata. E sono una persona ambiziosa. Nel mio percorso ho fatto di tutto, ho visto in secondo piano com'è composta una società ed è per questo che le esperienze che ho avuto all'estero mi ha portato a fare un ultimo step, anche a capire cosa sia fare il manager. Sono stati tutti step che mi hanno aiutatao a crescere. Per questo oggi con Vagnati devo gestire l'azienda del presidente e questa azienda deve portare risultati. Il mio compito è anche unire, condividere per arrivare tutti all'obiettivo. E' come quando scelgo un collaboratore, so benissimo a cosa serve e perché l’ho preso. So che a volto ho fatto errori e quindi glieli anticipo per non farglieli commettere. Il mio sogno è finire il percorso in Nazionale: avendo fatto otto anni in azzurro, ho conosciuto i migliori giovani ed è per questo che mi piace molto lavorare con loro. E il mio desiderio, un domani, sarà chiudere il cerchio in Nazionale. In questo mio percorso ho conosciuto allenatori molto importanti che mi hanno fatto capire cosa vuole dire la maniacalità delle cose e che per arrivare a un certo traguardo bisogna essere maniacali".
Che cosa vuole dire avere la Primavera in ritiro a pochi chilometri?
"Se n'è parlato poco. Il presidente e il direttore hanno fatto una cosa straordinaria: avere la Primavera a dieci minuti da qui è bellissimo. Ti dà l'opportunità di lavorare sempre con 20 giocatori e di avere sempre qualcuno a disposizione se succede qualche cosa. E poi così posso conoscere più velocemente i giovani che ho sotto. L'altro giorno hanno giocato l’amichevole alle 15 e ho avuto l’opportunità di andarla a vedere. Contro la Virtus ho fatto i complimenti ai giovani: i primi giorni si erano presentati un po’ timidi, ma gli ho fatto capire che la timidezza non fa parte del calcio e quindi dovevano mostrare il loro entusiasmo e la loro voglia. Voglio fargli capire che questo deve essere un loro sogno l’arrivare qui. E quando chiamo qualche giovane, anche solo per cinque minuti, devono vivere il desiderio e il sogno di dire: “Papà, sono andato in prima squadra, che bello”. Le strade sono infinite e difficili per diventare calciatori, però l'attenzione che do al giovane è molto importante. Ho dei figli, non è facile la spola tra Primavera e prima squadra. Però la società ha fatto una cosa eccezionale".
A Cairo, a fine stagione sarà soddisfatto se il Toro arriverà dove?
"Oggi è meglio non fare proclami, dichiarazioni o altro. Siamo all'inizio di un nuovo ciclo e di un progetto nuovo, con un nuovo mister e con una squadra che stiamo in parte arricchendo e quindi in parte anche cambiando. Oggi dobbiamo lavorare come sta facendo il mister, con grande dedizione, impegno e determinazione, cercando di far emergere le qualità di tanti giocatori. Poi vedremo. Facciamo step by step: non vuole dire che non ho ambizioni magari anche importanti, ma oggi è meglio fare un passo per volta e completare la squadra, mancano ancora. come dicevo prima, alcuni giocatori, e dare al mister la possibilità di fare il suo lavoro come sta facendo con grande impegno. E poi magari arriveremo a un certo punto anche a dichiararlo, ma per ora preferisco rimanere concentrato sulle cose da fare e farle bene e possibilmente anche velocemente".
A Vanoli, che giudizio dà alle strutture di Pinzolo?
"Ringrazio il territorio che ci ha messo a disposizione tutto per lavorare al meglio. E' un ringraziamento speciale perché abbiamo disposizione due campi e tutto ciò che abbiamo chiesto. Hanno sempre fatto di tutto e ci hanno messo nella condizione di lavorare benissimo al campo per cui ci tengo a ringraziarli".
All'interno del suo lavoro ci sarà anche una parte dedicata all'importanza della maglia granata?
"E' la prima cosa che chiedo a un giocatore, deve sapere che maglia indossa. Se non lo sai puoi essere un bravo giocatore, ma devi rappresentare. Ed è la cosa che chiedo a tutti i giocatori con cui ho la possibilità di parlare: sapere cos'è il Torino. Sono valori unici, non si può non saperlo. Nel momento che lo sai, sai che vai a rappresentare questi valori. In secondo ci sono i valori tecnici che puoi migliorare, ma i valori della storia del club li devi sapere. Sono una persona fatta così e quando parlo con un giocatore questo è il primo approccio".
Tante squadre hanno cambiato allenatore: ci ha pensato?
"E' una sfida stimolante, la competizione è sempre stimolante".
Come ha scelto i suoi collaboratori?
"Sono una persona curiosa. E voglio non un collaboratore, ma persone che mi aiutino a pensare e che mi diano energie per capire. Sono collaboratori di alto livello e che hanno avuto esperienze molto importanti. Penso che questo mi possa aiutare nel mio percorso di crescita. Non mi voglio fermare, voglio vedere e capire, ho la curiosità di cercare un collaboratore che abbia determinate caratteristiche mi stimola e mi fa capire così guardo prima il senso umano e della metodologia del sapere se sia straniero. Oggi tutte le società hanno cultura internazionale quindi il mio staff deve essere preparato a sapere più lingue: è arrivato Coco e nel momento di transizione per insegnargli l’italiano avere collaboratori che sanno bene lo spagnolo diventa molto più facile per il ragazzo capire cosa chiedo. Ci sono anche collaboratori che sanno più lingue e in questo mondo globale, è importante questo aspetto. L'ho vissuto anche a Venezia, in sei mesi ho parlato più inglese in Italia che da altre parti. Sono severo, qui in Italia e bisogna parlare italiano: lo stesso vale per i miei collaboratori. E’ arrivato Pau Marc Quesada Tormos dal Real Madrid e gli ho detto che c’è l’insegnate e alla sera va e impara, bisogna stare nella cultura del paese dove si è e qui siamo in Italia. Quando sono andato in Inghilterra non mi hanno detto di parlare in italiano, ma qua c’è la maestra e impara l'inglese. Non sono bravissimo, però ….".