Il Torino tra essere davvero una squadra e restare un progetto abbozzato però incompiuto
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Parafrasando la frase attribuita a Massimo d’Azeglio “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani” si potrebbe dire che Paolo Vanoli fatto o meglio più o meno fatto il Torino da Cairo e Vagnati ora il mister deve farlo diventare davvero squadra. Ci sta provando dal suo arrivo in granata lo scorso 21 giugno, quando fu annunciato che sarebbe stato lui il nuovo allenatore. Tra la vendita dopo la prima giornata di Bellanova, con la precedente di Buongiorno e i non rinnovi dei contratti a Rodriguez e anche a Djidji, e gli arrivi del solo Coco per l’inizio del ritiro e all’ultimo giorno di ritiro di Adams e poi a metà agosto di Sosa e successivamente di Pedersen e negli ultimi giorni del mercato estivo di Maripán e Walukiewicz, l’infortunio di Zapata il 5 ottobre e prima e dopo altri infortuni, dopo un avvio sprint e inaspettato il Torino si era ritrovato alla quinta giornata al primo posto in classifica, però poi progressivamente era scivolato fino a quattro lunghezze dalla terzultima posizione, ed era anche stato eliminato dalla Coppa Italia ai sedicesimi, per poi rialzarsi dal 29 dicembre con il passaggio dal 3-5-2 al 4-2-3-1. Alla fine del mercato invernale non è arrivato il sostituto di Zapata, ma sono stati presi Elmas, Casadei, Biraghi e Salama ed è stato ceduto Vojvoda. Ora a dodici giornate dal termine del campionato il Torino è all’11° posto con 31 punti in una posizione di relativa tranquillità e con un calendario favorevole visto che dovrà incontrare ben 7 squadre che sono sotto a iniziare da domenica all’ora di pranzo dal Monza, ultimo in classifica con soli 14 punti racimolati in 26 partite, e a seguire Parma (oggi ha 23 punti), Empoli (21), prima del più difficile ostacolo Lazio e poi ancora due match più alla portata con Verona (26) e Como (28), poi affronterà l’Udinese e il Napoli prima del più agevole Venezia (17) per concludere con il trio di gare formato dall’Inter, che potrebbe essere impegnata nella lotta per lo scudetto, seguito dal più semplice Lecce (25) e per finire dalla Roma, che magari starà cercando di conquistare un posto nelle coppe europee.
La possibilità di ottenere anche abbastanza in fretta quei punti che servono all’aritmetica salvezza il Torino ce l’ha eccome: per arrivare alla fatidica quota 40 ne mancano 9 e basterebbe vincere con Monza, Parma ed Empoli. Vanoli non è un integralista e cambia volto al Torino a seconda dei giocatori che ha a disposizione, tenendo conto anche dello stato di forma dei singoli e di cosa gli mostrano durante gli allenamenti, dell’avversario e dei momenti delle partite con le sostituzioni. Che sia 4-2-3-1 con Ricci e Casadei a centrocampo e con Lazaro, Vlasic e Elmas a supporto di Adams o che sia 4-3-2-1 con in mezzo Casadei, Ricci e Gineitis alle spalle di Vlasic e Elmas con davanti Adams oppure anche 3-5-2 con Lazaro, Linetty, Ricci, Ilic e Biraghi con in attacco Sanabria e Adams, poco importa perché la differenza la devono fare i giocatori in campo troppe volte, persino all’inizio quando tutto girava super bene, disattenzioni a livello difensivo se ne erano viste e sono continuate costantemente, se non era uno che sbagliava era un altro e questo ha comportato lasciare punti preziosi per strada. Se poi si aggiunge che dopo l’infortunio di Zapata il Torino ha iniziato a faticare tantissimo a segnare. Basta un dato: 12 gol (con un autorete) segnati con Zapata in 7 giornate e 17 (con un autorete) in 19 partite quelli senza il colombiano. Non c’è quindi da stupirsi se Vanoli già nel post partita dopo la vittoria col Milan riferendosi ai suoi giocatori ha detto: ”Li voglio vedere col Monza. E’ lì che dobbiamo mostrare il processo di crescita”. Già perché fino a quando non saranno eliminati gli errori in fase difensiva e non verranno segnati più gol il Torino rimarrà un progetto di squadra abbozzato però incompiuto.
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