Gigi Radice fu un vero maestro di calcio, un innovatore geniale. Quando al Filadelfia si sognava ancora...
Con molto rammarico si apprende la notizia della scomparsa di Gigi Radice, il tecnico dell'ultimo scudetto granata. Radice, colpito da tempo da una malattia degenerativa del sistema neurologico, aveva 83 anni. Chiamato sergente di ferro per i suoi intensi e profondi occhi azzurri, che ti scrutavano a fondo, quasi severi, fu un tecnico innovatore che prese spunto dal pressing dell'Olanda di Cruijff per dare un gioco spumeggiante e grintoso al Torino, che vinse lo scudetto nel '75/76, ventisette anni dopo la tragedia di Superga. Il tecnico milanese aveva le sue ben identificate passioni politiche, in un'epoca in cui essere di sinistra ti faceva guardare di storto dal bel mondo dei conformisti, ma lui non aveva mai negato le sue passioni, quando le ideologie avevano ancora il loro valore e non si voleva passare solo per radical-chic. Aver portato il pressing degli Orange fu un'idea geniale, che lo rese un vero maestro di calcio e non uno che lo millantava. Non parlava di calcio libidine, il suo era un gioco da libidine pura.
Domenica sarà un'occasione speciale ricordarlo al Meazza, in occasione di Milan-Torino, due tra le sue squadre più importanti in carriera, la prima da giocatore, la seconda da allenatore. Tra gli altri aveva allenato anche la Fiorentina, il Genoa, il Cagliari, l'Inter e molte altre, concludendo la carriera sulla panchina del Monza.
Radice cominciò un sodalizio vincente con l'allora presidente Orfeo Pianelli, impossibile non ricordarli insieme, uno piccolo, magro, che si perdeva nella mole del più grande presidente granata dopo Ferruccio Novo. Insieme però crearono un capolavoro calcistico, comprando i giocatori giusti per esaltare gol, spettacolo e vittorie. Con lui, insieme in panchina, c'era l'ex capitano Giorgio Ferrini, mancato troppo giovane per godersi quella favola. Radice creò un gruppo unito, di amici e uomini prima che di campioni. Impossibile dimenticare I gemelli del gol, Pulici e Graziani, il poeta Sala, il Giaguaro Castellini in porta, Milord Zaccarelli, che giocava a testa alta con quel 10 importante sulla schiena, Piedone Pecci, uno dei più grandi difensori italiani, Mozzini, Pat Sala, Caporale, Santin, Salvadori, e tanti altri.
Radix, un altro modo per chiamarlo, con la fantasia del tempo, era uno che viveva in prima persona il Filadelfia, dove concedeva spazio a tutti per chiacchierare e sorridere con i tifosi, anche se era piuttosto schivo. Ma non scappava mai prima di concedersi alla folla che l'aspettava, anche lui idolo insieme ai suoi giocatori. Elegante e garbato, aveva il caratterino di uno che non si faceva mettere i piedi in testa e alla fine anche la sua avventura in granata finì. Il 17 aprile 1979 subì un brutto incidente stradale, dove perse la vita l'ex calciatore Paolo Barison. Radice invece se la cavò con alcune contusioni e ferite.
Quell'incidente lo segnò parecchio, e fu anche esonerato dal Torino, con la squadra in zona retrocessione.
Oggi anche lui ha raggiunto gli immortali del Toro. Un altro angelo si è aggiunto a quelli che l'hanno preceduto.